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Omicidio e infermita' mentale: e' urgente ripensare i criteri di applicabilita'

Omicidio e infermita' mentale: e' urgente ripensare i criteri di applicabilita'

Autore: Il Direttore - Emilia Urso Anfuso
Data: 13/03/2016 12:50:42

Dispositivo dell'art. 88 Codice Penale

Non è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, era, per infermità(1), in tale stato di mente da escludere la capacità d'intendere o di volere [95, 108 2, 206, 222; c.p.p. 70, 305, 507] (2).

Note

 

(1) L'alterazione della mente, per potersi parlare di inimputabilità, deve dipendere da un'infermità, fisica o psichica, sussistente al momento del fatto e rilevante in ordine al fatto commesso, nonché tale da incidere concretamente sulla capacità d'intendere o volere del soggetto. Ogni altra anomalia, non dipendente da infermità, riguarda soltanto la sfera della personalità e del carattere del soggetto ed è, pertanto, inidonea a determinare infermità mentale, come nel caso della c.d. pazzia morale, ovvero l'assoluta mancanza di moralità dovuta a ragioni costituzionali del soggetto, non patologiche.

(2) Quando l'infermità è transitoria o riguarda soltanto una parte della personalità, si discute sin merito all'imputabilità. Questa è esclusa, se si tratta di infermità transitoria, come nel caso dell'epilessia, e la malattia si manifesta al momento della commissione del fatto, mentre, se il reato è realizzato nei cd. intervalli di lucidità, bisogna accertare caso per caso se sia un effettivo stato di lucidità o sia stato influenzato dalla malattia. Per quanto il caso in cui l'infermità riguarda solo alcuni tratti della personalità, si fa riferimento essenzialmente alle cd. monomanie, di cui è un esempio la mania di persecuzione. L'orientamento dominante qui propende per la soluzione più favorevole al reo ovvero per una considerazione del vizio di mente in relazione al momento del fatto e non allo specifico fatto compiuto dal soggetto.

FontiCodice PenaleLIBRO PRIMO - Dei reati in generaleTitolo IV - Del reo e della persona offesa dal reato (artt. 85-131)Capo I - Della imputabilità

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Inizio questo articolo, proponendovi in prima battuta ciò che recita l’art. 88 del Codice Penale per ciò che riguarda l’infermità mentale. E’ infatti importante sapere quali siano i criteri di considerazione di cosa sia la cosiddetta “incapacità di intendere e di volere” e anche, da cosa sia determinato un reale stato di alterazione psichica tale da rendere un evento omicidiario meno grave se a compierlo è un soggetto insano di mente.

Ora, se avete letto con attenzione quali siano i parametri di applicazione del criterio di infermità mentale, che possa essere applicato quale attenuante a un assassinio, avete anche compreso come – nel nostro sistema giuridico – troppo spesso sia lasciato ampio margine di interpretazione alla norma che regolamenta quali siano i parametri da prendere in considerazione per determinare un reale stato di infermità mentale.

Questo prologo, per parlare di ciò che sta accadendo con sempre maggior frequenza: il numero di omicidi cresce di giorno in giorno nel nostro paese, e cresce anche il livello di efferatezza con cui vengono compiuti.

Il caso dell’omicidio di Luca Varani è l’ultimo in ordine di tempo, ma il primo ad aprire a un dibattito che ritengo urgente: ripensare il criterio d’infermità mentale quale attenuante applicabile a un evento omicidiario.

In questo omicidio, gli assassini - Manuel Foffo e Marco Prato - hanno massacrato un giovane di 23 anni, Luca Varani, non per una motivazione pregressa, un odio covato. Non c’è un movente, e non perché non se ne sia scoperta l’origine. Semplicemente manca il movente, perché gli assassini stavolta, hanno ucciso perché cercavano emozioni sempre più forti. Quelle emozioni spinte all’eccesso non tanto per il copioso uso di sostante stupefacenti miste all’assunzione di alcoolici, quanto per la mancanza di valori e regole, dal momento che hanno condotto un’esistenza priva dell’educazione atta a crescere in un contesto familiare che insegni a vivere nel rispetto degli spazi vitali altrui.

A conferma di ciò, ricordo un fatto davvero miserevole e che – a mio parere – sarebbe stato molto meglio evitare: poche ore dopo l’omicidio di Luca Varani, Bruno Vespa invita il padre di Foffo, uno dei due assassini, alla trasmissione Porta a Porta.

Prima di tutto: l’Ordine dei Giornalisti dovrebbe sanzionare Vespa per aver portato in televisione il padre di un assassino – Valter Foffo - e avergli concesso persino una triste quanto miserevole possibilità di difendere a spada tratta un figlio così “lodevole” un vero e proprio “bravo ragazzo”. Noi giornalisti dobbiamo osservare un complesso codice deontologico, ritengo che l'ospitata di Valter Foffo sia da ritenere contraria a un'Informazione sana e che non sostenga alcun elemento quando si parla di omcidio.

Non solo: Vespa ha “mimato”, con gesti inequivocabili, ciò che avrebbero compiuto Manuel Foffo e Marco Prato, rendendo esplicite coltellate e martellate che hanno portato alla morte il povero Luca Varani. Siamo alla morte in diretta, alla spettacolarizzazione dell’omicidio con l’aggravante della crudeltà.

Oltre ciò, si è consentito di difendere l’indifendibile: il padre di Manuel “dimentica” che al figlio era stata ritirata la patente per abuso di sostanze stupefacenti e alcool ed era andato a sbattere con la macchinacontro un cassonetto,  ma dichiara pubblicamente di “Non sapere che il figlio ne facesse uso”.

Fermiamoci. Fermiamoci tutti. All’omicidio efferato, alle torture inflitte, alla morte sopraggiunta per crudeltà, è necessario aggiungere l’assoluto sprezzo del valore della vita e anche, della totale mancanza di rispetto per i parenti della vittima.

Subito, i legali dei due assassini hanno gridato “Allo scandalo” per come i Media hanno parlato dei loro clienti. Ed ecco i genitori dei due assassini dichiarare che i “poveri figli” sono “vittime dei Media”.

Ritengo che, l’infermità mentale possa essere applicata. Ai genitori degli assassini e ai loro legali. Non certo a Marco Prato e Manuel Foffo, che vivono disprezzando la vita propria e altrui. Si chiama cattiveria, malanimo, maleducazione, narcisismo, egocentrismo, non “a momentary lapse of reason”, come cantavano i Pink Floid.

Basta con le attenuanti, con le perizie psichiatriche e con gli approfondimenti dei “perché”: esiste il male ed esistono persone marce, cattive, senz’anima e che conducono esistenze senza badare mai ai limiti e alle regole che ognuno di noi deve osservare quando vive inserito in una comunità. Punto.

Il confine fra il bene e il male è cosa diversa dal confine fra la ragione e la perdita di essa. Appellarsi sempre all’infermità mentale peraltro, sta creando una popolazione di matti a comando, di omicidi con considerazioni a latere, di assassini condizionati da un ipotetico disturbo mentale, creato ad arte da avvocati che, a mio parere, a volte dovrebbero negare la difesa, quando palesemente un cliente ha commesso un delitto efferato per pura cattiveria.

Concludo con una recente notizia di cronaca, quella che ha visto protagonista Angelo Malerba, capogruppo del M5S al Consiglio Comunale di Alessandria. Malerba è stato arrestato in flagranza di reato mentre rubava 100 euro nello spogliatoio della palestra che frequenta. Immediata la reazione del legale: “momentaneo disturbo mentale”. Nossignore: i Carabinieri erano stati allertati di diversi ammanchi nei portafogli dei clienti della palestra. Malerba non ha avuto un momentaneo stato di incapacità di intendere e volere: ha rubato. E se lo ha fatto più volte, i suoi legali dovranno dimostrare che il suo cervello, a tratti, si spegne per poi riaccendersi…Sfruttare l’imperscrutabilità della mente è cosa antica, ma proprio per questo, è un criterio che va ripensato, almeno per ciò che riguarda l’ambito giudiziario.

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